# Pianta della città di Roma, Agostino Valentini Editore, Roma, 1838

Si può senza dubbio parlare di due Rome ottocentesche: quella pre-unitaria, governata dal Papa-Re Pio IX (1846-1871) e quella post-unitaria (dal 1871). Da cittadina a vocazione agricola e pastorizia, capitale di uno stato piuttosto arretrato culturalmente ed economicamente, Roma diventa lentamente, a partire dal 1871 (con la sua conquista), una città in continua evoluzione ed espansione. Vengono costruiti ex novo alcuni quartieri centrali posti a est (Esquilino, Termini, Castro Pretorio) e poi a nord (Prati). Allo stesso tempo l’immagine della città è ridisegnata dalla creazione di grosse arterie di snodo (via Nazionale) e dalla necessaria costruzione dei muraglioni per arginare le esondazioni del Tevere. Per la costruzione e il popolamento di Roma, il flusso di immigrazione è costante soprattutto dal Nord (aristocrazia, alta borghesia, funzionari statali) e del centro Italia (manovalanza); si modifica dunque non solo la città ma anche la cultura, anche musicale, e la lingua. Escluse le dimore private, i salotti, le ville, una topografia musicale di Roma in questo periodo è presto detta, non fosse altro che a Roma l'offerta musicale è scarsa sia quantitativamente che qualitativamente. L'opera è rappresentata al Teatro Apollo e al Teatro Argentina (il Teatro Costanzi sarà inaugurato solo nel 1880) e d'estate anche al Politeama Romano (costruito attorno al 1870), l'operetta al Teatro Valle e al Teatro Rossini (fondato nel 1874), altri generi come il vaudeville, le parodie, le commedie con canzoni in dialetto romanesco o, dopo l’Unità, anche in dialetto piemontese al Teatro Metastasio e al Capranica, la musica da camera e sinfonica alla Sala Dante (aperta dal 1866), per molto tempo l’unico spazio pubblico dedicato ai generi non-operistici. In seguito alla Presa di Roma, rimangono in vita ancora per alcuni anni a Roma le tradizionali feste popolari che, fuori città e anche nel resto d’Europa, da secoli suscitano grande interesse. Anzitutto il Carnevale romano, che per secoli fu una delle principali attrazioni popolari della città, secondo solo al Carnevale di Venezia. Benché ancor oggi festeggiato, la sua più grande attrattiva, la corsa dei cavalli berberi, venne abolita nel 1874 decretando così la fine della tradizione. Ma si ricordino anche la festa di San Giovanni nell'omonimo quartiere per il solstizio d'estate; le feste attorno alla Girandola di Castel Sant'Angelo; le serenate e le scampanacciate nel centro della città; ognuno di questi eventi era corredato da un ampio e specifico repertorio di musiche popolari. Nonostante le lotte – talvolta più simboliche che fisiche – fra Vaticano e Regno d’Italia, le abbondanti celebrazioni e cerimonie sacre (messe, processioni, feste dedicate ai santi ecc.) rimasero pressoché inalterate, così come molte delle istituzioni musicali collegate alla chiesa cattolica, dalle cappelle delle basiliche maggiori (San Pietro, San Giovanni, Santa Maria Maggiore) alle accademie (la ceciliana in particolare) fino alle cappelle di piccole parrocchie o confraternite.

D'altra parte emblematico è lo spostamento del baricentro sia politico sia culturale della città: da piazza San Pietro si sposta al Quirinale, mentre il Campidoglio acquista un peso maggiore nella topografia della città. Molteplici (e talvolta di discreto valore) sono le parate e i concerti proposti dalle bande militari nelle piazze più importanti o più pittoresche: piazza Navona, piazza Colonna, la terrazza del Pincio. Da una parte rafforzano l'immagine di potere statale, attraverso la sonorizzazione delle manifestazioni statali e pubbliche (i primi anniversari del regno, dei plebisciti ecc.) dall'altra propongono quanto di più gradevole e alla moda la musica contemporanea possa offrire: dai valzer di Strauss alle scene d'opera, dalle fantasie per fiati alle marce militari.