All’indomani dell’Unità, dopo aver votato nel 1860 a favore dell’annessione al regno d’Italia, Palermo è una città poverissima, le cui forti diseguaglianze sociali sfociano in una violenta rivolta popolare nel settembre 1866. Nel corso della seconda metà dell’Ottocento, la città vive una espansione demografica ed urbanistica, con la creazione di nuovi quartieri e strade, come l’attuale viale della Libertà. La vita culturale e musicale sono appannaggio delle élite, tuttavia all’aristocrazia si affianca sempre più spesso il ceto borghese. Gli spettacoli operistici, che vedono pochissime prime rappresentazioni assolute (tra cui Marion Delorme di Bottesini) ma qualche cantante di fama, hanno luogo al Teatro Bellini (già Carolino). Al 1867 risale il primo progetto di un nuovo grande teatro d’opera che porterà alla costruzione del Politeama Garibaldi (1874) e del Teatro Massimo Vittorio Emanuele (1897). I ceti popolari, spesso analfabeti, e la piccola borghesia frequentano oltre che i più antichi e decaduti Santa Cecilia e Bellini, i nuovi spazi nati a ridosso dell’Unità come il Garibaldi, il San Ferdinando e il Circo, dediti a spettacoli di vario genere.